Il ventisettenne russo Yuri Alexeyevic Gagarin decolla a bordo della Vostok 1 dal Sito 1 del Cosmodromo di Baikonur alle 6:07 UTC (9:07 ora di Mosca). Dieci minuti dopo la sua capsula entra in orbita a una quota che varia da un minimo di 169 km a un massimo di 315 km. Alle 7:00 UTC, poco dopo l’inizio del passaggio sopra l’Oceano Pacifico (senza sorvolo degli Stati Uniti), Radio Mosca annuncia pubblicamente la missione: il primo essere umano è nello spazio.
L’intelligence statunitense intercetta le trasmissioni televisive dalla Vostok 1 e conferma che l’Unione Sovietica ha di nuovo battuto tutti e stabilito un nuovo primato spaziale fondamentale. Alle 7:25 UTC la Vostok 1 si allinea automaticamente per l’accensione di rientro, che avviene sopra la costa occidentale dell’Africa e dura 42 secondi.
Il modulo di servizio non si separa correttamente dalla capsula sferica di rientro e rimane attaccata con alcuni cavi elettrici, per cui la Vostok 1 ruota violentemente su se stessa durante il rientro, fino a che i cavi si spezzano e la capsula assume spontaneamente l’assetto corretto di discesa. Gagarin subisce 8 g di decelerazione ma rimane cosciente.
Alle 7:55 UTC, a 7000 m di quota, il cosmonauta usa il proprio seggiolino eiettabile per abbandonare la capsula e atterrare con il proprio paracadute, come previsto dal piano di volo, perché la capsula atterra in modo troppo violento per consentirgli di restare a bordo.
Gagarin atterra a 26 km a sud-est di Engels, nella regione di Saratov (51° N 45° E), alle 8:05 UTC, dove viene accolto dagli abitanti e telefona a Mosca per annunciare il successo della missione, durata in tutto 108 minuti.
La gestione della missione è circondata da una cortina di segretezza quasi surreale:
- Nelle comunicazioni radio, i responsabili e i tecnici a terra vengono citati usando numeri al posto dei nomi: Sergei Korolev è il Numero 20, il generale Nikolai Kamanin è il Numero 33; Leonov viene citato solo come Blondin.
- Il fatto che Gagarin non è rimasto a bordo fino all’atterraggio viene tenuto segreto, perlomeno in Occidente, fino al 1971, anche per non invalidare l’omologazione internazionale del record da parte della FAI (Fédération Aéronautique Internationale), le cui norme impongono che il pilota rimanga a bordo fino all’atterraggio. Questo requisito verrà poi revocato. In Unione Sovietica, però, nel 1965 circola già un libro per bambini che mostra Gagarin che atterra separatamente dal proprio veicolo.
- Le coordinate geografiche del cosmodromo dichiarate dall’Unione Sovietica alla FAI sono false (spostate di circa 250 km).
- La forma del razzo vettore e della capsula è anch’essa segreta.
- Le immagini divulgate inizialmente dall’Unione Sovietica sono disegni di fantasia.
- Le foto degli altri cosmonauti vengono pesantemente censurate per eliminare quelli da tenere segreti.
Il clima di paranoia è alimentato dal fatto che è passato meno di un anno da quando l’aereo-spia statunitense U-2 pilotato da Gary Powers è stato abbattuto sopra l’Unione Sovietica e Powers si è paracadutato: per evitare che Gagarin venga scambiato per un agente nemico, all’ultimo momento gli viene dipinta sul casco la scritta “CCCP” (che in russo indica l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) in grandi lettere rosse.
È in questa missione che nasce la tradizione russa, tuttora in vigore, secondo la quale i cosmonauti, durante il tragitto in autobus verso la rampa di lancio, devono fermarsi a orinare contro una ruota dell’automezzo, esattamente come fece Gagarin.
Fonti: ESA; NASA; Sven Grahn; CIA; Cosmonauti perduti, Luca Boschini (edizioni Prometeo); EmbassyofRussia; AST su Motherboard; Space.com; Complotti Lunari.