Durante l’eclissi solare totale dell’11 agosto 1999, i cosmonauti a bordo della stazione russa Mir fotografano l’ombra proiettata sulla Terra dalla Luna. Quest’ombra corre a circa 2000 km/h sulla superficie terrestre, ed è formata da una chiazza centrale scura (che è la zona nella quale l’eclissi in quel momento è totale) attorniata da un alone meno scuro (che è la zona nella quale l’eclissi è parziale).
Un veicolo sovietico Soyuz 7K-L1, concepito per missioni con equipaggio intorno alla Luna ma lanciato senza equipaggio, arriva a 1985 km dalla superficie lunare e scatta le prime immagini a colori della Luna ottenute dal programma spaziale russo. Ormai la missione statunitense Apollo 11 ha già riportato a casa rullini di fotografie lunari scattate dall’equipaggio, per cui questo risultato viene ignorato dalla cronaca.
Foto della Terra vista dalla Luna, scattata da Zond 7.
Il cosmonauta Andriyan Nikolayev decolla con la Vostok 3, iniziano una missione che lo porterà a compiere 64 orbite intorno alla Terra nel corso di quattro giorni: un primato che resterà imbattuto fino al 1965 con le missioni statunitensi Gemini. Nikolayev verrà visto in diretta televisiva, anche in Italia, durante il proprio volo e verrà raggiunto in orbita dalla Vostok 4 di Pavel Popovich, partecipando al primo volo doppio e alle prime comunicazioni radio fra due veicoli spaziali.
In questa pagina del quotidiano italiano L’Unità si nota la ricostruzione totalmente fantasiosa e assurda della Vostok, sintomo della segretezza che circondava il programma spaziale sovietico.
Il satellite statunitense Discoverer 13, lanciato il giorno precedente
dalla base militare di Vandenberg a bordo di un vettore Thor-Agena, viene recuperato intatto a nord delle isole
Hawaii dalla Marina Militare degli Stati Uniti dopo il rientro dall’orbita
terrestre, al termine di 17 orbite. È il primo oggetto spaziale orbitale che
torna dallo spazio: tutti quelli precedenti si erano disintegrati durante il
rientro.
Il recupero viene presentato come un “trionfo spaziale” civile dai
media statunitensi. Anche se viene presentato al mondo come un veicolo
spaziale scientifico dedicato alla sperimentazione delle comunicazioni e delle tecnologie per la messa in orbita di astronauti, in realtà si tratta di un esemplare sperimentale di
satellite spia militare della segretissima serie Corona gestita dalla
CIA e dall’Aeronautica Militare degli Stati Uniti, che durerà fino al 1972 e
sarà composta da oltre 120 satelliti di fotoricognizione. Il programma Corona verrà desecretato nel 1995.
Discoverer 13 contiene soltanto strumenti diagnostici e (forse) degli apparati di captazione di segnali elettronici (Soctop 1/Aftrack 1), ma gli esemplari
successivi, come Discoverer 14 (che verrà lanciato già una settimana
più tardi), avranno a bordo fotocamere e pellicole.
La capsula di rientro di Discoverer 13.
L’interno del Discoverer 13 e metà del suo guscio di rientro.
Un cinegiornale mostra la consegna, il 15 agosto 1960, al presidente degli Stati Uniti della
bandiera statunitense portata a bordo di Discoverer 13.
Discoverer 13 pesa circa 60 kg ed è stato inserito in un’orbita quasi polare (82,9° di inclinazione rispetto all’equatore) ed ellittica che misura 250 x 705 km. Anche il vettore Agena è entrato in orbita (rientrerà il 14 novembre 1960) ed è da questo vettore che è stata espulsa la capsula, usando un sistema a molle. La capsula è stata stabilizzata giroscopicamente, facendola ruotare su se stessa tramite un sistema a gas freddo, e poi rallentata da un retrorazzo. A 15.000 metri di quota si è aperto un paracadute di stabilizzazione, seguito da quello primario. La capsula è stata recuperata nell’oceano da degli “uomini rana” militari e poi portata a bordo della Haiti Victory da un elicottero.