Si conclude felicemente il dramma della missione Apollo 13, funestata
dallo scoppio di un serbatoio d’ossigeno durante il viaggio verso la Luna:
dopo aver girato intorno alla Luna e usato il modulo lunare come propulsore di
riserva, la capsula spaziale che trasporta Jim Lovell, Fred Haise e Jack
Swigert rientra nell’atmosfera terrestre e ammara nell’Oceano Pacifico, appesa
sotto tre grandi paracadute.
Il rientro in atmosfera offre un ultimo episodio di tensione: la perdita di
contatto radio che avviene normalmente durante la fase più critica, quando la
capsula è circondata da un muro d’aria rovente e ionizzata che blocca i
segnali radio, dura ben 87 secondi più del normale, facendo temere fino
all’ultimo per la sorte dell’equipaggio. In Italia sono le 19:07.
In quel minuto e mezzo c’è tempo di pensare che lo scudo termico non abbia
retto a causa dei danni subiti durante lo scoppio del serbatoio d’ossigeno e
la capsula sia diventata una meteora fatale o che i paracadute non si siano
aperti correttamente e che i tre astronauti si schianteranno nell’oceano. Ma
la durata inattesa è causata da un angolo di rientro leggermente meno ripido
del solito, che allunga i tempi di attraversamento dell’atmosfera, e
paradossalmente consente ad Apollo 13 di ammarare molto vicino alle
navi di recupero.
La scia di rientro di Apollo 13 vista da un aereo in volo.
Ammaraggio di Apollo 13.
Fonti:
KSC;
NHO;
NHO; diretta TV;
replica di ABC News;
Universe Today.