Valentin Bondarenko è un tenente pilota di caccia dell’aviazione sovietica. Il
28 aprile 1960 è stato scelto per il primo gruppo di 29 cosmonauti e il 31
maggio successivo ha iniziato l’addestramento per il volo sulla
Vostok 1: lo stesso veicolo sul quale Yuri Gagarin compirà il primo
volo umano orbitale della storia il
12 aprile 1961.
Ma il 23 marzo 1961, al termine del terzo giorno di un esperimento di due
settimane in una camera pressurizzata presso l’Istituto di Studi Biomedici di
Mosca, Bondarenko si toglie dal corpo dei sensori di monitoraggio delle
funzioni vitali e si pulisce con un batuffolo di cotone impregnato d’alcool.
Getta distrattamente il batuffolo, che cade su una piastra termica elettrica
usata per scaldare il tè e prende fuoco, incendiando anche la sua tuta di lana.
Una camera pressurizzata simile a quella usata da Valentin Bondarenko (credit:
Katya Pavlushchenko).
In un’atmosfera di ossigeno puro, le fiamme divampano violentissime. Ci vuole
circa mezz’ora per aprire la porta della camera. Bondarenko riporta ustioni di terzo
grado su tutto il corpo tranne i piedi, dove gli stivali di volo lo hanno in
parte protetto. Muore in ospedale dopo ore di agonia, a 24 anni. Accanto a
lui, incaricato di seguirne le condizioni e di riferire ai superiori, c’è Yuri
Gagarin.
Tre settimane dopo, Gagarin volerà nello spazio ed entrerà nei libri di
storia, forse al posto di Valentin Bondarenko. Il Presidio del Soviet Supremo
conferirà a Bondarenko l’Ordine della Stella Rossa il 17 giugno 1961 e il
ministro della difesa sovietico darà ordini segreti affinché alla sua famiglia
venga
“fornito tutto il necessario, come si confà alla famiglia di un
cosmonauta“.
Della fine atroce del giovane pilota non si saprà nulla fino al 1980, quando
verrà rivelata, ma soltanto in Occidente. La sua immagine verrà cancellata
dalle fotografie ufficiali sovietiche dei primi sei cosmonauti. Il celebre
cosmonauta Alexei Leonov, interrogato sulle censure delle fotografie e sulle dicerie
riguardanti cosmonauti periti in segreto, mentirà ripetutamente ai giornalisti
occidentali.
La morte di Bondarenko verrà resa nota in Russia soltanto nel 1986, ventisette anni dopo
la tragedia, da un articolo di Yaroslav Golovanov su Izvestia.
La tragedia farà sì che nessun
veicolo spaziale sovietico userà mai atmosfere di ossigeno puro, che sarebbero utili per ridurre il peso eliminando l’azoto che costituisce gran parte dell’aria che si respira normalmente. Gli Stati Uniti, invece, lo faranno, con altissimo rischio, fino alla tragedia di Apollo 1 il 27 gennaio 1967.
Sull’emisfero nascosto
della Luna c’è un cratere che porta il nome di Bondarenko.
Fonti:
Luna? Sì, ci siamo andati; Katya Pavlushchenko.